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Il logo dell’associazione ha una storia che merita di essere ricordata…

Domenico e Simonetta erano a Salisburgo, città della musica e di Mozart, per un congresso internazionale sulla placenta nel 1999, anno di Fondazione dell’istituto per la ricerca e la formazione psicoanalitica degli operatori sanitari, l’associazione (IIPRTHP) che sarebbe diventata nel 2002 l’ente gestore della scuola di specializzazione in psicoterapia SIPSI.

In un ristorantino, il Dr. Nesci nota una serie di disegni in cui l’artista aveva rappresentato in infinite varianti il leitmotif del labirinto, tema centrale della sua ricerca sulla catastrofe di Jonestown e quindi del suo primo libro: “La Notte Bianca – studio etnopsicoanalitico del suicidio collettivo” (Armando Editore, Roma, 1991).

Chiese al personale del locale notizie dell’artista e venne a sapere che era di Salisburgo e era nota proprio per le sue ricerche artistiche sui labirinti!

Nessuno sapeva dove abitasse con precisione ma il quartiere era noto. In pochi minuti Simonetta e Domenico si ritrovarono in un taxi con il Direttore del ristorante che dava istruzioni al guidatore su dove andare. Il tassista li portò divertito in una strada… e li lasciò in un punto, a caso…

I due avventurosi si trovarono ad entrare in un locale etnico che serviva tisane ayurvediche. Per una fortunata circostanza scoprirono che l’artista era una loro cliente abituale… e abitava nel palazzo accanto! Suonarono al campanello. L’artista stava finendo un disegno e chiese un’ora per poterli ricevere. Nell’attesa li invitò a prendere una tisana nel locale da cui provenivano…

La tisana era buonissima!

Poi ci fu l’incontro e, davanti ai loro occhi, Marianne Ewaldt disegnò il logo seguendo le istruzioni di Domenico: lo psicoanalista romano voleva un labirinto dentro la chioma di un albero!

Generalmente al centro di ogni labirinto si trova un albero, o una pietra, o un altro simbolo della luna. L’albero evoca associativamente l’idea dell’albero della vita e questo, a sua volta, suggerisce l’idea dell’imago placentare, quell’imago preziosa che Nesci aveva riscoperto per riparare i lutti non elaborati dalla coscienza del nostro tempo: il lutto dei riti di morte (guerra, genocidio, suicidio collettivo).

Nel logo della nuova associazione psicoanalitica, nata per elaborare le tematiche disconosciute delle tragedie umane, si invertono le prospettive: l’albero diviene il contenitore del labirinto (invece di esserne contenuto) e questo si rivela per quello che rappresenta, un altro simbolo dell’imago placentare. Infine, questa doppia immagine si ritrova ad essere a sua volta contenuta da una forma ovale, che può essere facilmente associata ad un utero così come agli emisferi cerebrali…

In modo tanto suggestivo quanto significativo, questa ambiguità tra encefalo e placenta ritorna anche nell’interpretazione del significato inconscio della rappresentazione della creazione dell’essere umano negli affreschi della cappella Sistina, come si può leggere in un interessante articolo pubblicato da questa nostra rivista (Tranquilli, 2007). Mettere il link come (https://www.doppio-sogno.it/numero5/ita/tranquilli.pdf). 

Ma ritorna anche nella rilettura della storia delle mutazioni (la mutazione dell’albero della vita con la comparsa del dilemma ostetrico) che hanno portato la specie umana a divenire quello che è attualmente (Harari, 2011; Nesci, 2017). 

Guardando il logo dell’associazione si viene così introdotti, senza accorgersene, all’esperienza di spaesamento che sempre accompagna l’ingresso nei meandri delle infinite possibili associazioni in cui ci si ritrova in ogni percorso psicoterapeutico…