Dal 2011, uno di noi ha messo gratuitamente al servizio delle Risonanze del Festival Internazionale del Cinema di Roma (oggi Festa del Cinema di Roma) organizzato dalla Fondazione Cinema per Roma, una propria invenzione: il workshop cinema e sogni, uno strumento innovativo per la formazione continua degli operatori sanitari (Nesci, D.A., 2007, 2022). In cosa consiste?
Un gruppo di operatori sanitari si riunisce nell’aula di un ospedale o in una sala cinematografica, la sera, per vedere insieme un film su una vicenda di salute o di malattia. La mattina successiva i partecipanti si ritrovano nella stessa sede per condividere la narrazione dei sogni della notte, costruendo una catena associativa con vignette cliniche reali e scene del film che tornano in mente in modo spontaneo ascoltando i sogni degli altri. In pratica si utilizza quel sogno collettivo che è stato realizzato dalla “fabbrica dei sogni” (il cinema) per suscitare altri sogni in chi potrebbe aver perso la capacità di sognare per l’impatto traumatico quotidiano con la sofferenza dei pazienti e dei loro familiari. Il workshop cinema e sogni è stato concepito con lo scopo di costruire un tempo/spazio intermedio, rigenerativo, dove i curanti potessero elaborare le loro angosce professionali ed essere così in grado di continuare a mettersi in una relazione d’aiuto nell’incontro con l’altro.
Qual è il razionale del workshop cinema e sogni? Perché mai dovrebbe riuscire a rigenerare la creatività degli operatori sanitari?
“La notte porta consiglio” è un proverbio antico quanto il mondo. Significa che la soluzione ai problemi difficili non si trova di giorno, lambiccandosi il cervello a tavolino, e cioè usando il pensiero razionale ed il linguaggio scritto, ma di notte, dormendo, riposandosi, sognando. Il sogno per Freud (1899) era il custode del sonno ed è nel sonno che avviene la sintesi proteica e ci rigeneriamo, biologicamente oltre che psicologicamente, lasciandoci andare ad un altro uso della mente, ad un pensiero associativo ed immaginativo, dialogando con noi stessi e col mondo con un altro linguaggio: il linguaggio onirico. E questo è ancora più vero quando il problema, come avviene per gli operatori sanitari, non è di tipo pratico ma emotivo: come aiutare pazienti e familiari ad accettare la malattia senza andare in pezzi e senza mandare tutto in frantumi, in preda alla rabbia ed all’angoscia? Cosa dire a quei genitori che sembrano non riuscire assolutamente ad accettare la prognosi infausta del loro bambino, ma che dovranno comunque stargli vicino fino all’ultimo? Per questi interrogativi non ci sono risposte a tavolino, non ci sono protocolli psico-oncologici. Dobbiamo necessariamente riattivare il nostro pensiero associativo, quello che Freud ha messo a fondamento del metodo psicoanalitico promuovendo le libere associazioni e l’attenzione liberamente fluttuante. Dobbiamo sperare che ci venga in mente qualcosa di creativo (un sogno, nella notte, o la scena di un film, nel sogno ad occhi aperti della veglia) che possa raggiungere (in modo verbale o non verbale) l’inconscio dei nostri pazienti. Un gesto può essere molto più efficace di un discorso e può aiutare a riattivare spontaneamente il pensiero associativo e ritrovare così, dentro di sé, la risposta al problema apparentemente insolubile. Perché non è vero che dobbiamo noi trovare le risposte ai problemi dei nostri pazienti. Le risposte sono già dentro di loro. Dobbiamo solo aiutarli a riattivare la propria funzione associativa della mente per recuperare il loro tesoro perduto, la loro creatività.
Narra Paulo Coelho un’antica storia che riprenderò cambiando i nomi dei protagonisti: nel ghetto di Cracovia il rabbino Giuseppe, figlio di Abramo, sogna un tesoro sepolto sotto un albero vicino al ponte di Praga. Il sogno della notte è così vivido che Giuseppe non resiste e decide di partire, sotto mentite spoglie. Arrivato a Praga scopre con stupore che vicino al ponte c’è proprio l’albero del sogno. Subito si mette a scavare senza accorgersi che attira l’attenzione delle guardie che lo arrestano e lo fanno interrogare dal loro capitano. Giuseppe tace la sua identità ma racconta il sogno. Il comandante delle guardie ride a crepapelle e lo lascia andare raccontandogli, a sua volta, un sogno… “Ho sognato che un certo rabbino Giuseppe, figlio di Abramo, abitava a Cracovia ed aveva, in una cantina abbandonata, una vecchia stufa, e là dentro una pentola piena di monete d’oro. Ma io certo non sono così stupido come te da mettermi in viaggio!” La storia si conclude con Giuseppe che torna a casa e ritrova il tesoro perduto della sua famiglia, che era proprio in cantina, a casa sua. I Partecipanti al workshop cinema e sogni fanno lo stesso percorso, ripetono il viaggio di Giuseppe per incontrare, attraverso la proiezione del film, il sogno dell’altro e riscoprire, grazie ad esso, il proprio tesoro nascosto.
Il workshop ha ospitato in passato personaggi famosi del cinema e della televisione, come Pupi Avati (Un’eterna Giovinezza per il workshop sulla malattia di Alzheimer, presso l’Istituto Cine TV “Roberto Rossellini” nel 2012) e Mattia Torre (La Linea Verticale, per il workshop sulla Psico-Oncologia nella Sala MediCinema presso la Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” IRCCS nel 2018). Veniamo ora al presente, all’edizione 2022 del workshop cinema e sogni per le “Risonanze” della Festa del Cinema di Roma, in collaborazione con la Fondazione Cinema per Roma. Quest’anno viene proiettato il film “Koyaanisqatsi: Life Out of Balance” (fig. 1) diretto da Godfrey Reggio nel 1982.
Anche quest’anno, come l’anno scorso, il workshop Cinema e Sogni viene offerto interamente online in collaborazione con FCP di Nicola Piccinini e con la Scuola Internazionale di Psicoterapia nel Setting Istituzionale (SIPSI), diretta attualmente da uno di noi insieme al Prof. Dominique Scarfone, psicoanalista dell’IPA e Membro Onorario della SPI. Il tema centrale del workshop del 2022 è la vita squilibrata che conduciamo quasi senza rendercene veramente conto. Il film è stato suggerito dal primo artista della Multimedia Psychotherapy (Nesci, F.A., 2012) che ha avuto la possibilità di vederlo durante il suo corso di laurea all’Art Center College of Design di Pasadena. Il film è stato concepito 40 anni fa dal regista (Godfrey Reggio) assumendo il punto di vista degli Hopi, un popolo di Indiani d’America con una cultura orale primaria molto raffinata ed ancora viva nonostante gli attacchi subiti dai colonizzatori. “Koyaanisqatsi”, come ci viene spiegato nelle prime immagini del film, è una parola Hopi che può essere resa in vari modi complementari: “crazy life; life in turmoil; life out of balance; life disintegrating; a state of life that calls for another way of living”. In italiano potremmo tradurre: “vita folle, vita in tumulto, vita squilibrata, vita in disintegrazione, un modo di vivere che richiede di essere cambiato”… un tema quanto mai attuale.
Si tratta di un film che ha fatto la storia del cinema: un film senza parole perché Godfrey Reggio aveva dato per scontato che le nostre lingue contemporanee non fossero in grado di smascherare i nostri comportamenti… un film espresso solo con immagini e suoni, col linguaggio cinematografico, così vicino a quello del sogno. Ecco perché ha senso, 40 anni dopo, accettare la sfida di “Koyaanisqatsi: Life Out of Balance” (Godfried Reggio, 1982) e proporre ad un gruppo di operatori sanitari (ed in particolare di psicoanalisti, psichiatri, psicologi e psicoterapeuti) di sognarlo nel Guided Social Dreaming del Workshop Cinema e Sogni delle Risonanze della Festa del Cinema di Roma del 2022.
Il workshop si svolge in due tempi:
- la visione serale del film che ognuno potrà fare comodamente a casa sua, organizzandosi in modo autonomo, subito dopo l’introduzione del Prof. Andrea Sabbadini (psicoanalista dell’IPA, creatore dell’European Psychoanalytic Film Festival e Docente SIPSI), Sabato 15 ottobre, dalle 21:00 alle 22:00
- e poi, la mattina seguente, Domenica 16 ottobre, dalle 9:30 alle 13:30, la condivisione dei sogni notturni nel sogno sociale guidato (Guided Social Dreaming) ideato da uno di noi (Nesci, 2012) come variante del classico Social Dreaming di Gordon Lawrence, e da anni applicato in diversi contesti: educativo, clinico, istituzionale.
Nella mattina di Domenica 16 ottobre i Partecipanti potranno raccontare i propri sogni, stimolati dalla visione notturna del film, visto da ognuno autonomamente la sera precedente, e condividerli. Si verrà così a creare una catena associativa in cui, a partire dal primo sogno, ognuno potrà collegare e narrare il proprio. Dopo un coffee-break, alle 11:30, nella seconda parte del Guided Social Dreaming, i Conduttori aiuteranno i Partecipanti a mettere in luce aspetti nuovi e creativi portati allo scoperto dai sogni di tutti e dalla presa di coscienza della profondità del linguaggio onirico e delle convergenze tra questo ed il linguaggio cinematografico.
Il Guided Social Dreaming sarà condotto dal Prof. Nesci e dal Prof. Paolo Vinci (filosofo e Docente SIPSI) con il supporto di alcuni psicoterapeuti, Docenti della SIPSI e Soci della DREAMS onlus. Le due sessioni (sera del 15 e mattina del 16 ottobre) sono interconnesse in un continuum esperienziale, per cui siete tutti invitati a partecipare ad entrambe.
Per partecipare è necessario compilare il modulo qui allegato, dopo i Riferimenti Bibliografici, spedirlo a presidente.iiprthp@gmail.com ed iscriversi sul sito di FCP.
Cosa sogneremo dopo aver visto il film?
Non lo sappiamo. Forse, però, rinunciando a mettere in primo piano quello che emerge dalla parola scritta e valorizzando altri possibili significati evocati da figure, possiamo cominciare a immaginarcelo guardando i fotogrammi seguenti, opera del lavoro artistico di uno di noi (fig. 2, fig. 3, fig. 4, fig. 5) attraverso l’uso dello stesso software di intelligenza artificiale che è stato impiegato per produrre l’icona di questo numero della rivista.
Queste figure sono state prodotte da noi attraverso l’uso di un programma di software di intelligenza artificiale che si basa sul machine learning. Se il cinema è una “fabbrica dei sogni” questo programma è una “fabbrica di immagini” con un imponente data base di un infinito numero di immagini create da una massa sempre crescente di esseri umani nel passato e nel presente. Chi utilizza il programma propone un fotogramma e delle parole guida… In pochi secondi la “macchina” produce immagini, che poi possono essere ulteriormente elaborate dal sistema in base a nuovi input di chi lo conduce.
Questo processo a noi sembra suggerire interessanti analogie con la produzione delle immagini oniriche che saranno stimolate dall’esperienza viva del workshop cinema e sogni su “Koyaanisqatsi: Life out of Balance”. Un modo per ricordarci che il sogno è un evento sociale, oltre che individuale, visto che l’intelligenza artificiale riesce a “creare” solo grazie al patrimonio di infinite opere artistiche da cui è stata e viene costantemente rifornita.
Metaforicamente parlando, il workshop cinema e sogni può essere visto come una “macchina umana” che produce sogni a partire da un film e da un tema scelto dai conduttori. Ci fermiamo qui, per ora… Con la speranza che questo divenga il punto di partenza di riflessioni sul funzionamento dei livelli gruppo-individuali della mente e sulla nuova frontiera delle interazioni future tra esseri umani e programmi di intelligenza artificiale…
Buona visione del film e… sogni d’oro!
BIBLIOGRAFIA
Freud S. (1899) L’interpretazione dei sogni. In Opere vol., Boringhieri, Torino, 1996.
Nesci, D.A. Il workshop cinema e sogni. Eidos, n. 10: 12-13, 2007.
Nesci, F.A. “Bianca” pp. 101-103 in Nesci D.A. Multimedia Psychotherapy: A Psychodynamic
Approach for Mourning in the Technological Age. Lanham: Jason Aronson, 2012.
Nesci, D.A. Psychological Care for Cancer Patients: New Perspectives on Training Health
Professionals, with Foreword by Nancy McWilliams. Lexington Books, 2022, in press.
Sabbadini A. Moving Images: Psychoanalytic reflections on film London: Routledge, 2014.
Scarfone D. The Unpast. The Actual Unconscious. New York: UIT, 2015.
Vinci P. Soggetto e tempo. Heidegger interprete di Kant. Roma: Bagatto Libri, 1988.