Ricordo quando, negli Anni 90, al Dpt. of Psychiatry dell’Harbor-UCLA Medical Center, in California, partecipavo al “First Interview Seminar” del prof. Milton Miller. Il seminario consisteva nell’introdurre nella stanza del Chairman un paziente scelto dal prof. Miller tra i ricoverati nel reparto di Psichiatria. Il paziente doveva essere intervistato da un Resident (uno specializzando in Psichiatria) e questo costituiva un momento formativo importante del training perché per diventare psichiatra era necessario fare una consultazione di trenta minuti con un paziente sconosciuto davanti ad una commissione, oltre ad aver superato tutti gli esami. In quella esperienza il setting strutturato dal professore era molto interessante:
- Presentazione del paziente agli allievi, seduti in cerchio nella sua stanza, riservando due sedie per il paziente e l’intervistatore, seduti uno di fronte all’altro
- Svolgimento del colloquio, che era finalizzato a far sì che l’intervistatore fosse in grado, al termine, di fare una diagnosi e prescrivere una terapia
- Coffee-break subito dopo l’intervista
- A questo punto il paziente poteva scegliere se restare per la seconda parte del seminario o tornare in reparto (generalmente i pazienti restavano)
- Il prof. Miller chiedeva allora ad ognuno di commentare l’intervista facendo però una prescrizione: chi voleva commentare doveva essere in grado di dire almeno una cosa positiva che il Collega aveva fatto durante l’intervista!
- Infine, il professore chiedeva al paziente di commentare come fosse stata l’intervista condotta dallo specializzando, dopo di che io facevo i miei commenti come Visiting Professor e lui chiudeva il meeting.
Prenderò spunto da questo modo di stimolare la capacità osservativa, orientandola verso il positivo, per tentare di individuare qualcosa di buono nella situazione, chiaramente negativa e problematica, della pandemia.
La Direttrice della nostra rivista, Ilenia Petracalvina, ci ha chiesto infatti di descrivere, nei nostri articoli, i segni del COVID… e certamente molti di questi segni sono negativi. Ma non tutti… il COVID ha lasciato anche due segni positivi che penso sia importante sottolineare per evitare che si perda, con l’auspicata fine della pandemia, quello che di positivo la tragedia ha favorito. Riprendendo un mio contributo sul Blog della DREAMS, descriverò quindi brevemente due fatti che la mia esperienza di psichiatra/psico-oncologo, prima presso il Servizio di Consultazione psichiatrica della Fondazione Policlinico Universitario “Agostino Gemelli” IRCCS, ed ora presso la cooperativa sociale DREAMS onlus, mi hanno consentito di osservare e vivere. Parlerò del fatto che l’emergenza COVID-19 ha promosso la psicoterapia online e lo smart working.
Un’esperienza clinica.
Dall’uscita del Decreto governativo 1 marzo 2020 sono stato autorizzato (come tutti gli specializzandi in psichiatria dell’Università Cattolica e gli specializzandi in psicoterapia della Scuola Internazionale di Psicoterapia nel Setting Istituzionale – SIPSI – che frequentano il Policlinico Gemelli) a continuare a vedere i miei pazienti oncologici (ed i loro familiari) in videoconferenza ed a lavorare da remoto per evitare il rischio di essere contagiato in ospedale e di contagiare a mia volta (Nesci, 2022).
Telelavoro e Smart Working non sono sinonimi: il telelavoro presuppone l’esistenza di una postazione fissa, mentre il “lavoro agile” (pessima traduzione di smart working, che io tradurrei piuttosto “lavoro intelligente”) viene svolto in modo elastico, location free (cioè senza restrizioni di sede: da casa e/o da un ufficio e/o da dove si vuole, purché in modalità sicure per sé e per gli altri, come stabilisce un recente documento dell’INAIL).
In Italia, purtroppo, siamo molto in ritardo sia nell’utilizzo del “telelavoro” che del “lavoro agile”.
Secondo il Prof. De Masi (Betti, 2020) i “vantaggi del lavorare da casa” sono notevoli, ma “in Italia c’è una resistenza patologica al cambiamento”. E aggiunge: “basti pensare che la percentuale di chi lavora da casa qui è intorno al 3%, in Olanda si attesta al 40%. […] È inutile adottare soluzioni a metà, come consentire al dipendente di lavorare alcuni giorni da casa e alcuni giorni in ufficio: in questo modo […] i vantaggi non sono ‘tangibili’. È necessario lasciarsi andare al cambiamento, credere in una società in cui lavorare da remoto non venga più visto come un lusso e chi lavora da casa non venga più giudicato un fannullone o un ‘tagliato fuori’”.
Nella mia esperienza con i malati di cancro ed i loro familiari, non ho mai avuto dubbi che la psicoterapia online fosse un’opzione formidabile e, in molti casi, l’unica opzione (ad esempio per pazienti invalidi, impossibilitati a spostarsi, e che vivono in condizioni disagiate e precarie o in località lontane dal luogo dove si trova il loro psico-oncologo). Lavorare col paziente in videoconferenza consente, da un punto di vista psichiatrico, di ottenere risultati importanti. Rivedere la terapia per aiutare a superare l’insonnia, monitorare il dosaggio e gli effetti degli ansiolitici o degli antidepressivi, sono cose che si possono fare egregiamente anche “da remoto”.
Ma anche da un punto di vista psicologico la psicoterapia online è sicuramente l’opzione migliore in tempi di COVID-19. Perché dovremmo smettere di essere vicini ai nostri pazienti oncologici in psicoterapia (ed ai loro familiari, che comunque non devono assolutamente esporsi al rischio del contagio per non rischiare a loro volta, poi, di contagiarli) per il solo fatto di non poterli fare più venire in ambulatorio per motivi di sicurezza?
Posso dire, con assoluta serenità, che ogni volta che ho chiamato o videochiamato i miei pazienti, dopo il Decreto “Io resto a casa!”, trovandoli pieni di angoscia, stressati dal forzato isolamento (qualcuno mi ha parlato di “essere agli arresti domiciliari”) con i loro parenti, la mia presenza virtuale nelle loro case è sempre stata accolta con gioia, espressioni di gratitudine, ringraziamenti per non essere stati “abbandonati” (Giarrusso, Nesci, 2020).
Un’esperienza “forte”.
Mi sono commosso per il privilegio di essere diventato medico, psichiatra, psico-oncologo e psicoanalista “senza divano” (Racamier, 1996), convinto sostenitore dell’utilità della psicoterapia online e dell’importanza di stare al passo con i tempi ed utilizzare le nuove tecnologie.
Mi sono sentito contento di me ricordando che ho potuto già nel 2018 fare uscire un numero special sulla psicoterapia online nella rivista scientifica della Scuola di Psicoterapia SIPSI, grazie agli anni di lavoro svolto sul campo con i miei Collaboratori (Nesci e Coll., 2018). Questo numero della rivista è scaricabile gratuitamente da tutti, proprio per promuovere la più ampia diffusione possibile delle conoscenze che abbiamo raggiunto in questo campo così complesso e socialmente utile. Gli Allievi della SIPSI infatti imparano dai loro Docenti a praticare la psicoterapia online (in svariate forme e con diversi strumenti) fin dall’inizio del loro training, in modo da poter poi essere accolti nella DREAMS onlus, una cooperativa sociale che ho concepito per offrire a costi contenuti la psicoterapia, ovunque, proprio grazie ai continui aggiornamenti offerti gratuitamente ai Soci dalla cooperativa proprio nel campo della psicoterapia online e della psicoterapia multimediale.
Ad oggi, infinite pastoie (burocratiche) e garbugli (giuridici) e interessi (economici) ostacolano la diffusione di questi nuovi modi di praticare la psicoterapia, nonostante il fatto che un qualificatissimo documento della Federazione Nazionale degli Ordini degli Psicologi abbia riconosciuto la validità della psicoterapia online (2017).
Riprendendo le parole del Prof. Masi, mi viene da dire che purtroppo, in Italia, “c’è una resistenza patologica al cambiamento” non solo per telelavoro e smart working ma anche per altre cose “intelligenti” come la psicoterapia online.
Speriamo che l’emergenza COVID-19, oltre ai segni negativi, lasci anche un segno positivo ed aiuti la nostra classe dirigente a prendersi cura delle proprie resistenze patologiche e dei bisogni autentici delle persone, valorizzando il telelavoro, lo smart working e la psicoterapia online.
Riferimenti Bibliografici
Betti, I., De Masi, F. (2020). Coronavirus impone maxi-test mondiale sullo smart working. De Masi: “In Italia c’è una resistenza patologica”. Huffpost, 15 febbraio 2020. https://www.huffingtonpost.it/entry/coronavirus-impone-maxi-test-mondiale-sullo-smart-working-de-masi-in-italia-ce-una-resistenza-patologica_it_5e440ac7c5b61b84d3433541
Bozzaotra, A., Cicconi, U., Di Giuseppe, L., Di Iullo, T., Manzo, S., Pierucci, L (2017). Digitalizzazione della professione e dell’intervento psicologico mediato dal web (COMMISSIONE ATTI TIPICI, OSSERVATORIO E TUTELA DELLA PROFESSIONE) Consiglio Nazionale Ordini degli Psicologi. https://www.psy.it/wp-content/uploads/2015/04/Atti-Tipici_DEF_interno-LR-1.pdf
Giarrusso, G., Nesci, D.A. (2020). “Dottoressa non mi abbandoni!” Blog Dreams onlus, 28 marzo 2020. https://www.dreamsonlus.it/dottoressa-non-mi-abbandoni-di-giovanna-giarrusso-domenico-arturo-nesci/
Nesci, D.A. (2022). Psychological Care for Cancer Patients – New Perspectives in Training Health Professionals. Lanham: Lexington Books, in press.
Nesci e Coll. (2018). Psicoterapia Online, Doppio Sogno, numero 24, 2018.
Racamier, P.-C. (1996). Lo psicoanalista senza divano. La psicoanalisi e le strutture psichiatriche. Milano: Raffaello Cortina.
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